A Mosca! A Mosca!

A MOSCA! A MOSCA!

A MOSCA! A MOSCA!

 Io non mi ritrovo più nel mio Paese. Mi guardo intorno e vedo gente d’ogni colore, per lo più tendente all’ebano. Frammiste agli accenti dialettali degli autoctoni residenti, altre voci più o meni gutturali compongono una strana cacofonia impensabile ai tempi in cui i soli accenti diversi erano quelli dei dialetti parlati dagli immigrati meridionali, traferitisi nel nostro territorio in cerca di lavoro, e non sempre accolti con le braccia aperte dai miei concittadini di lingua galloitalica. Ricordo la  persistente diffidenza nei confronti dei “terroni”, che pure, negli anni Cinquanta e Sessanta, hanno senza dubbio fornito gran parte della  manodopera necessaria prima alla ricostruzione e poi al cosiddetto “miracolo economico” che trasformò l’Italia da paese tradizionalmente a economia agricola, ittica e artigianale a una delle prime potenze industriali d’Europa e, quindi, dell’Occidente.

 

Erano gli anni in cui al governo del Paese – dopo la breve parentesi del governo di Unità Nazionale, rimasto in carica solo centosettantadue giorni  nel 1945, presieduto da Ferruccio Parri – era stabilmente insediata la Democrazia Cristiana, partito di maggioranza relativa, con i partiti minori suoi alleati; mentre il Partito Comunista era anch’esso stabilmente all’opposizione. Il mondo era diviso in due blocchi: da una parte gli USA, con i suoi alleati, dall’altra l’URSS, con i suoi stati satelliti; il PCI non faceva mistero di stare dalla parte dell’ Unione Sovietica, come gli altri partiti comunisti occidentali, e la DC era una specie di longa manus di Washington in Italia; quindi anche i cittadini elettori italiani erano divisi: da una parte i democristiani cattolici, dall’altra i comunisti atei, in mezzo i cosiddetti partiti laici, ma comunque di sicura fede atlantica e anticomunista. All’estrema destra sedevano i neofascisti del MSI. Questo era il quadro politico della Prima Repubblica. Non si parlava ancora di globalizzazione, la circolazione delle persone e delle merci al di fuori dei confini nazionali era ancora abbastanza contenuta.


 

Del fenomeno dell’emigrazione si parlava soltanto riguardo a quella degli italiani verso le Americhe e, in Europa (ahimè), verso la Germania. La corruzione c’era, naturalmente, ma si limitava al voto di scambio e al tradizionale  clientelismo. C’erano anche le mafie, certo, ma abbastanza confinate nelle regioni meridionali. Andando per strada si distinguevano ancora gli operai dagli impiegati, i ricchi dai poveri, le persone serie dalle “leggere”, anche dal modo di vestire e di camminare; di africani neanche l’ombra (salvo qualche smunto marocchino venditore ambulante di tappeti).

Comunque ognuno stava, per così dire, al suo posto e si viveva in una società, magari dìseguale ma abbastanza ordinata. A un certo punto tutto questo è saltato. Sarà per la caduta del Muro di Berlino, per la fine della guerra fredda, per colpa della moneta unica  europea, delle nostre sciagurate guerre in Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Medio Oriente, o di un complotto demogiudaicomassonico, sarà per le manovre del finanziere ebreo Soros che organizza, tramite le Ong che agiscono fintamente per scopi umanitari  ma in realtà a fine di lucro, gli sbarchi sulle nostre coste di un’umanità disperata usata come arma “economica” per destabilizzare la nostra già traballante economia in modo tale da mangiarsela in un boccone; sarà l’adempiersi della profezia dello scrittore francese Jean Raspail, molto ammirato, a suo tempo, dalla nostra cara e indimenticata Oriana Fallaci e, oggi, da Steve Bannon, l’ideologo di riferimento di Marine Le Pen (e, forse, anche del pio sovranista Matteo Salvini);

sarà colpa dell’ex presidente della Camera Laura Boldrini, così prodiga di incoraggiamenti all’accoglienza indiscriminata di tutti i fuggiaschi da tutte le parti del mondo; sarà anche colpa, diciamoci tutta la verità, del Partito Democratico che spera di raccogliere i voti degli immigrati elargendo loro sussidi, permessi di soggiorno e, horribile dictu, il diritto di cittadinanza; sarà colpa anche del Presidente Sergio Mattarella che non ha prontamente conferito l’incarico al pio sovranista Salvini, e che, non pago di questo suo passa falso, ha sfiorato il colpo di Stato conferendo l’incarico, dopo il fallimento del tentativo della presidentessa del Senato Alberti Casellati, al barbuto presidente della Camera Roberto Fico; sarà colpa di Papa Francesco, il quale forse non si rende conto del male che fa anche alla Chiesa cattolica con il suo buonismo evangelico e con le sue condanne a chi non intende accogliere i profughi, che, non dimentichiamoli,  sono in maggioranza musulmani; sarà colpa del Terzo Mistero di Fatima o delle scie chimiche…Sia come sia, sapete che cosa vi dico? Addio Italia ormai meticcia e invasa, viva Vladimir Putin! A Mosca! A Mosca!

    FULVIO SGUERSO 

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