A furor di popolo

A FUROR DI POPOLO

A FUROR DI POPOLO

 Non c’è notista politico, a meno che non sia in malafede, non preoccupato del clima avvelenato (non solo in senso figurato) che si respira oggi nell’ Italia a maggioranza gialloverde: il Paese è una volta di più diviso in due, politicamente tra salviniani e antisalviniani, economicamente ancora tra nord e sud, sotto l’aspetto socioculturale tra élites e classi subalterne, riguardo alla memoria storica (quando c’è) tra fascisti e antifascisti. 

L’unità d’Italia, al netto della retorica patriottarda postrisorgimentale, è rimasta una chimera; basti pensare alla guerra civile strisciante che gruppi eversivi neofascisti e formazioni armate comuniste come le brigate rosse vecchie e nuove hanno portato avanti fino al 2003. Con una differenza: le brigate rosse e altre formazioni eversive di estrema sinistra sono state vinte e disperse dalle forze dell’ordine fedeli alla Costituzione e dalla maggioranza democratica del popolo italiano; ma non si può affermare altrettanto per i nuclei eversivi neofascisti e neonazisti, come dimostra la scoperta recentissima della Digos di Torino di un covo neonazista in Lombardia con armi da guerra di ultima generazione, tra cui un missile aria-aria. Che cosa dobbiamo pensare? Che si tratta di buontemponi che si divertono a giocare alla guerra a tempo perso? Non sarà che il linguaggio violento degli esponenti dell’estrema destra che frequentano assiduamente i salotti televisivi e lanciano allarmi quotidiani sui social incitando alla difesa dei sacri confini della Patria dall’invasione dei naufraghi salvati dalle Ong, in combutta (ça va sans dire) con gli scafisti, evocando un clima da Patria in pericolo, favorisca, o comunque non scoraggi, la formazione di nuclei armati in difesa della sacre sponde italiche e della stessa razza bianca?

Salvini e Savoini

Inoltre non ha contribuito certo a rasserenare il clima la protervia con cui il ministro dell’Interno, nonché vicepremier, nonché premier in pectore, ha negato fino a l’altro ieri l’evidenza riguardo ai suoi rapporti fiduciari con “il nazista di Alassio” Gianluca Savoini, presidente dell’associazione  Lombardia-Russia, prontamente scaricato dopo le rivelazioni del sito web d’informazione statunitense BuzzFeed circa l’ormai famosa trattativa su una compravendita di petrolio (peraltro già uscite su L’Espresso) all’Hotel Metropol di Mosca tra emissari della Lega e funzionari russi in cui si parla di accordi circa fondi neri per il finanziamento della campagna elettorale della Lega per le elezioni europee. La magistratura indaga. Ma la questione non è tanto quella giudiziaria quanto quella politica: fino a che punto la Lega di Salvini, attualmente il maggior partito italiano al governo del Paese, è autonoma rispetto a Putin, che non nasconde certo la sua strategia sovranista anti Unione Europea? Altro che “prima gli italiani”, da quello che sta emergendo anche dall’attività propagandistica filorussa dell’associazione presieduta dal Savoini, è piuttosto il caso di dire “prima i russi” (chi volesse informarsi sui rapporti della Lega con la “galassia nera” e con la Russia di Putin  legga il documentatissimo libro I demoni di Salvini: i postnazisti e la Lega. Chiarelettere, del giornalista Claudio Gatti). Che il clima del bel Paese sia avvelenato lo dimostra anche il conflitto permanente tra potere esecutivo e potere giudiziario (che dura dai tempi del Cavaliere) o, viceversa, l’illecito connubio tra politica e magistratura, con il risultato di avvelenare ancora di più il clima. 


In questo contesto si comprende perché sia venuta meno la fiducia del comune cittadino sia nella classe politica in generale sia nella magistratura inquirente e giudicante, e si spiega anche la fortuna e il consenso popolare di chi promette di cambiare questa politica così corrotta e questa giustizia così ingiusta. Già, ma come? Tanto per cominciare mille parlamentari sono decisamente troppi, come sono troppe due camere quando ne basterebbe una, come in Francia. E sono decisamente troppi i partiti e i partitini che siedono in Parlamento quando ne basterebbero due: uno democratico e uno repubblicano come negli Stati Uniti d’America. Ma per i nostri lidi sembra un’utopia. D’altra parte non si può non tener conto della storia peculiare di ciascun Paese e del carattere che distingue un popolo da un altro: se un ministro tedesco o austriaco o inglese o statunitense mentisse come Salvini coram populoe su questioni delicatissime come i reali rapporti intrattenuti con una potenza straniera ostile alla Ue e agli USA, non potrebbe rimanere al suo posto un minuto di più. Ma noi italiani siamo fatti così, compatrioti di Machiavelli pensiamo che un politico che mente lo faccia a fin di bene, anzi, per il nostro bene. 

Un altro sintomo del clima avvelenato che si respira nell’Italia di oggi è il sovranismo giudiziario, cioè “il populismo penale della giustizia vendicativa giolloverde” secondo la definizione del giurista Ennio Amodio che troviamo nel suo libro A furor di popolo. La giustizia vendicativa gialloverde (Donzelli). “Il sovranismo giudiziario – scrive Massimiliano Panerari su La Stampa del 30 giugno 2019 – è un capitolo essenziale – sul versante del diritto penale e privato – dell’anticostituzionalismo e dell’anti-illuminismo populista, che è al tempo stesso fortemente illiberale e antiliberale. E’ costantemente alla ricerca di nemici: così , dopo il giustizialismo forcaiolo nei confronti delle ‘caste’ è arrivato il momento dell’allestimento dei tribunali del popolo per la società civile non allineata (già sperimentata per le ong ‘taxi del mare’). Pertanto, la giovane – e ‘alternativa’ – capitana tedesca, in quanto avversata dal ‘Capitano’ Salvini, si tramuta in una nemica del popolo italiano. Il populismo penale, infatti, si trova a suo agio più con la formula emozionale del processo a Barabba che con i pilastri della Rule of Law; e sta contribuendo all’edificazione di quelli che il sociologo William Davies chiama ‘Stati nervosi’, anziché al rafforzamento dello Stato di diritto nell’interesse di tutti i cittadini”.  


Rackete e Salvini 

Ma il popolo sovranista non sembra molto sensibile alla civiltà giuridica a cui hanno contribuito autori italianissimi come Cesare Beccaria, i fratelli Pietro e Alessandro Verri, Mario Pagano e lo stesso Alessandro Manzoni, con la sua Storia della colonna infame , il popolo sovranista non è tanto mosso dall’amore per la giustizia quanto dalla rabbia e dalla volontà di punizioni esemplari. Lo si è visto a Torre Maura e a Casal Bruciato contro i rom, a Lampedusa contro Carola Rackete…Lo si è visto quando il ministro dell’Interno, nonché vicepremier Matteo Salvini ha augurato a Cesare Battisti, assassino comunista, di marcire in galera per il resto dei suoi giorni  e quando ha definito la capitana Carola una criminale di guerra, e in aggiunta ricca comunista. No, il dovere di un ministro non è quello di aizzare il popolo contro il nemico di turno, se mai quello di farlo ragionare, perché, come ha scritto Giosuè Carducci ne Il canto dell’amore : “… il popolo è, ben lo sapete, un cane, /e i sassi addenta che non può scagliare, /e specialmente le sue ferree zane / gode su le fortezze esercitare; / e le sgretola, e poi lieto si stende / latrando su le pietre ruinate…”. Che Dio salvi l’Italia e gli italiani da questi improvvisati giustizieri senza giustizia.

   FULVIO SGUERSO 

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