GUERRA E PACE


Abbiamo già avuto una netta percezione del livello di morte tra i combattenti di entrambi i campi e così pure della distruzione dell’ambiente.
Più volte poi è stata richiamata la possibilità che il conflitto possa diventare nucleare, sempre più devastante perciò per la popolazione e anche per l’ambiente. D’altronde è oggettivo che anche i sistemi bellici sono costosi materiali di consumo che vanno perciò periodicamente aggiornati e utilizzati nei diversi scenari di guerra… In questi primi giorni di conflitto sono apparsi sui diversi mezzi di comunicazione comandanti e generali che, alla maniera di virologi esperti nella pandemia, hanno spiegato le caratteristiche delle armi in uso, le diverse utili strategie in gioco. Proprio come per la pandemia ci vengono offerte spiegazioni con pochi distinguo: per assumere una cultura di guerra bisogna forgiare i cittadini al dualismo. Se
hai dei dubbi sei con Putin. Manca un pensiero “laterale”. Il realismo dei realisti, che ha sempre deriso i pacifisti per le loro presunte utopie, ora si è magicamente incagliato: l’idealismo del “o democrazia o morte” va ad appannaggio del mainstream mentre i pacifisti propongono soluzioni pragmatiche di mediazione! E quando l’informazione di potere si apre alle emozioni sembra essere guidato dalla sola convenienza del momento. Non c’è stata analoga enfasi dell’emozione in troppe altre occasioni di conflitto.
Ciò non esclude per nulla la dolorosa partecipazione alla giornaliera contabilità dei morti tra i soldati, i civili e i bambini e così pure il frequente richiamo al rischio di una terza guerra mondiale. Fanno impressione gli uomini, le donne e i bambini che scappano dal loro paese sotto le bombe. Sono in cerca di una meta e hanno bisogno di solidarietà ed accoglienza, di protezione e conforto. Uno strano e quasi perverso destino, se solo pensiamo che, secondo il presidente russo Putin, russi e ucraini sono fratelli. Evidentemente il mito di Caino e Abele è destinato a ripetersi inesorabile…
A fronte della durezza e della meschineria di questa guerra fratricida, sentiamo il bisogno di ascoltare una voce alta, di ricercare una parola che illumini il cammino di donne e uomini e soprattutto di coloro che sono più fragili e deboli. Abbiamo cercato due importanti documenti che parlano di pace: l’enciclica “Pacem in terris” di papa Giovanni XXIII (11 aprile 1963) e l’enciclica “Fratelli tutti” (3 ottobre 2020) di papa Francesco. Ben cinquantasette anni separano le due encicliche, ma unica è la loro visione della pace.
La riflessione alta contenuta nella Pacem in terris servì a Papa Giovanni a contribuire a risolvere la pericolosa crisi di Cuba. Giorgio La Pira, il sindaco santo di Firenze, la definì addirittura “il manifesto del mondo nuovo” e tantissimi uomini e donne nel mondo riconobbero l’importanza del documento pontificio. Quell’enciclica non è un documento destinato alla sola memoria, ma costituisce ancora oggi una meta a cui andare. Diversi sono i punti qualificanti
dell’enciclica, dalla pace fondata sulla giustizia, l’amore e la libertà è vista come realizzazione della dignità (della persona, dei lavoratori, delle donne, dei popoli), alla guerra come dominio dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla donna.
In questa sede vogliamo limitare il confronto tra le due encicliche al problema della cosiddetta guerra giusta, che il documento di papa Giovanni esprime nel capitolo 43, dedicato alla lettura dei segni dei tempi: “Si diffonde sempre più tra gli esseri umani la persuasione che le eventuali
controversie tra i popoli non debbono essere risolte con il ricorso alle armi, ma invece attraverso il negoziato”. Si vuole qui intendere che questa persuasione deriva dalla convinzione della capacità distruttiva delle armi moderne (in particolare nucleari). Interessante e molto significativo a nostro parere l’utilizzo che l’enciclica fa dell’approccio storico per negare che possa esistere una guerra giusta.

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Questo principio assume un cambiamento radicale della cultura cattolica e laica per cui l’uomo è intrinsecamente cattivo e non può far a meno della guerra, le guerre sono sempre esistite e via su questo tono: ora invece si dice che la pace è possibile e va perseguita, senza sosta, in ogni circostanza. L’attuale guerra Russia-Ucraina, come quelle dell’ultimo ventennio almeno, sembra smentire l’evoluzione culturale e delle coscienze sin qui acquisita; è una pratica dimostrazione che gli interessi territoriali ed economici connessi hanno preso il sopravvento su qualunque principio filosofico, etico e giuridico.
La liquidazione della guerra giusta si accompagna poi al disarmo (cap. 39) e al bando delle armi nucleari. Questi punti danno il senso a tutta l’enciclica rendendola differente rispetto a tutti gli altri precedenti e successivi documenti della chiesa cattolica. Il disarmo rende credibile la convivenza umana finalizzata alla pace, che consiste nell’amore e nella solidarietà operante tra le comunità politiche.
Le armi negano la dimensione universale del bene comune dell’intera famiglia umana. L’enciclica non accetta pertanto la deterrenza, anche provvisoria, e chiede che si fermi la corsa agli armamenti e che, come detto, si bandiscano le armi nucleari. Purtroppo la chiesa successivamente non ha seguito fino in fondo le indicazioni dell’enciclica di papa Giovanni e non ha avuto il coraggio di condannare la deterrenza, sospendendo il giudizio. Interessante comunque rileggere il testo della Gaudium et spes n. 81: “Qualunque cosa si debba pensare di questo metodo dissuasivo, si convincano gli uomini che la corsa agli armamenti, alla quale si rivolgono molte nazioni, non è la via sicura per conservare saldamente la pace né il cosiddetto equilibrio che ne risulta può essere considerato pace vera e stabile”.

Vediamo adesso come affronta gli stessi temi visti in precedenza, dopo cinquantasette anni, il magistero attraverso l’enciclica “Fratelli tutti”. È cambiato un po’ lo stile, ma l’illustrazione dei problemi in gioco è chiara e ben comprensibile. Papa Francesco dichiara che la guerra non
è mai giusta e che la pace si costruisce mediante strumenti pacifici. Contestualizzando rispetto alla realtà attuale così piena di guerre (non pensando al solo conflitto in Ucraina), è innegabile il disagio che sorge nel lettore dell’enciclica.
Le guerre escludono infatti l’ascolto e il dialogo, non prevedono l’amicizia sociale (capitolo 198) e la costruzione di un percorso verso la pace (capitolo 228).
Molto chiara la posizione sulla guerra giusta: “A partire dallo sviluppo delle armi nucleari, chimiche e biologiche, e delle enormi e crescenti possibilità offerte dalle nuove tecnologie, si è dato alla guerra un potere distruttivo incontrollabile, che colpisce molti civili innocenti”.
Ancora: “Non possiamo più pensare alla guerra come soluzione, dato che i rischi probabilmente saranno sempre superiori all’ipotetica utilità che le si attribuisce”.
Infine: “Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile guerra giusta” (capitolo 258). La corsa agli armamenti è una competizione finalizzata a compiere spese pubbliche del tutto irrazionali e immorali (la spesa
militare maggiore nel mondo è stata nel 2019).
Papa Francesco, in analogia a papa Giovanni, pensa che sia impossibile che la guerra possa essere utilizzata oggi quale strumento di giustizia (capitolo 260). Quasi imbarazzante, alla luce della guerra in Ucraina, l’affermazione che le ragioni della pace sono più forti di ogni calcolo di
interessi particolari e di ogni fiducia posta nell’uso delle armi (capitolo 260). Molto efficace infine, sul piano comunicativo, l’affermazione negativa “ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato” (capitolo 261), in netto contrasto con il motto positivo scout “lascia il mondo migliore di come lo hai trovato”.

(da Tempi di Fraternità)

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