25 APRILE

25 APRILE: L’IMPEGNO DI TENERE ALTA LA BANDIERA
DELLA RESISTENZA E DELLA COSTITUZIONE A SAVONA
L’Anpi è ancora una guida per la difesa dei valori della Resistenza. Centinaia di giovani nuovi iscritti all’associazione partigiani

25 APRILE : L’IMPEGNO DI TENERE ALTA LA BANDIERA
DELLA RESISTENZA E DELLA COSTITUZIONE A SAVONA
L’Anpi, a 66 anni dalla Liberazione, è ancora una guida per la difesa dei valori
della Resistenza. Centinaia di giovani nuovi iscritti all’associazione partigiani
  

Negli anni ’70, ogni fine settimana o giornata festiva, era consuetudine, per noi giovani poco più che trentenni, incontrarci in ambienti popolari, preferibilmente società operaie, associazioni, circoli. Un’abitudine diffusa tra una generazione da poco uscita dalla guerra. Quasi certamente attribuibile, almeno da parte di chi aveva subita quell’amara esperienza, all’amore per la pace ritrovata.

 Una scuola di vita, impartita dai più anziani coautori di quella straordinaria conquista. Un incontro, per intenderci, che raccoglieva più generazioni attorno ai valori nati dalla Resistenza.
Si era radicata, una comunione di interessi tenuti assieme da un collante ideologico condiviso.
La nostra giovane età non ci impediva di sentirci partecipi di una ipotetica e moderna “rivoluzione ideale”. Certamente non si pensava, nemmeno lontanamente, ad alcun tipo di violenza ma, pur con i limiti di una cultura prevalentemente teorica, ci sentivamo coinvolti nella difesa di ciò che era stato conquistato con tanti sacrifici.
Loro (i nostri compagni di riferimento), ci insegnavano il grande valore della Costituzione Repubblicana.
Una Carta istituzionale che sintetizzava le più avanzate regole democratiche, uguali per tutti, espresse dai rappresentanti delle forze politiche che unitariamente avevano liberato il nostro paese dall’oppressione. Una sintesi di ideali che garantiva l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Quegli uomini, riusciamo a comprenderlo meglio oggi, ci volevano garantire una vita serena. Tramite un rapporto intergenerazionale diffuso, basato sul reciproco rispetto, siamo stati accompagnati per mano fino ai giorni nostri.
Verso la fine degli anni ’60, precisamente il 12 dicembre 1969, in Piazza Fontana, nel centro di Milano, viene fatta esplodere una bomba nell’atrio della Banca dell’Agricoltura. Sono le 16.37 quando una devastante esplosione uccide 17 persone e ne ferisce 88. Quel fatto sconvolge la società civile. Chi poteva volere la fine della democrazia, dopo appena 24 anni di pace? Evidentemente e contrariamente a quello che si poteva pensare, quella forma di convivenza apparentemente riappacificata, nascondeva propositi di restaurazione.
Ancora. La mattina del 28 maggio 1974 viene fatto esplodere un ordigno in piazza della Loggia a Brescia durante una manifestazione indetta dai sindacati e da un comitato antifascista. Bilancio: otto morti e più di 90 i feriti. Non si poteva più avere dubbi, si era in presenza di un disegno eversivo diretto a destabilizzare quella democrazia che credevamo indiscutibile. Un’ulteriore dimostrazione colpisce inaspettatamente la nostra città.
E’ il 30 aprile del 1974 quando esplode una bomba, in un portone vicino ad cinema Astor, a Savona. Allo stupore si aggiunge la rabbia. Seguiranno, nel giro di un anno, altri undici attentati. Le indagini non giungeranno mai a scoprire gli autori.

E’ lecito ipotizzare, ma la verità sembra sempre lontanissima, che la vigilia dei preparativi per la manifestazione del 1° Maggio e la proiezione al cinema Astor del film di Lizzani “Mussolini, ultimo atto” fossero concause sospette.

Tuttavia, dalle rivelazioni fatte in seguito dall’allora ministro dell’Interno Taviani, mai suffragate da documenti o dai risultati di numerose inchieste, sempre andate a vuoto, si seppe che mentre le stragi di Milano e Brescia seguite poi da quelle di Bologna nell’80 (85 morti) e del treno MI-NA dell’84 erano di stampo neofascista quelle di Savona sembra fossero opera dei servizi segreti (deviati?) italiani.

Una strategia, comunque eversiva, completata dalle successive vicende, altrettanto devastanti, realizzate dalle famigerate Br, formazioni terroristiche dell’estrema sinistra. Esempio tragico: la strage di via Fani e il successivo assassinio di Aldo Moro, oltre all’uccisione di politici, sindacalisti, giornalisti, come il vice direttore della Stampa, Casalegno, ed esponenti delle forze dell’ordine. Un disegno chiaro che sancisce ufficialmente la presenza, nel nostro Paese, di nemici della democrazia.
Il tempo ha fatto il suo corso, da allora sono cambiate molte cose, forse troppo rapidamente. Anche i rapporti intergenerazionali sono cambiati.
Quando oggi, entro in una delle associazioni che citavo all’inizio, trovo un clima diverso dove stento a trovare il calore umano di un tempo. Mi prende un senso di tristezza, si riaffacciano i ricordi. E’ generalmente l’occasione nella quale mi abbandono ad una rivisitazione onirica del passato. Per un attimo, il “quasi silenzio” che mi circonda retrocede nel tempo, per lasciare il posto ad un piacevole brusio, intercettato qua e là da simpatiche risate o battute di spirito fra persone semplici unite da sentimenti e passioni comuni.
Il pensiero sublima attimi fugaci di volti amici lontani nel tempo. Ciascuno di loro, diverso per età e condizione sociale, sembra rivolgermi un sorriso facilmente interpretabile, in esso convive l’esaltazione di un’antica amicizia e la tristezza per ciò che non è più.
Si diffonde nell’aria l’eco delle appassionanti discussioni sui grandi progetti che avevamo, sulle nostre presuntuose speranze di realizzarli. Quella fantasiosa videata mi lascia sempre troppo presto per riportarmi alla cruda realtà. Stento a ricomporla. Ci sono nuovi amici, è vero. Giovani meno sorridenti, io non faccio più parte di loro. Ora mi sento confinato nella categoria degli anziani e non posso fingere di non saperlo. Passo inosservato davanti a loro, sono troppo occupati a parlare di una realtà diversa, più complicata. Poco interessati al passato, giustamente preoccupati per il futuro. Vittime di una società incapace di coniugare progresso e civiltà. Una società che si avvita su se stessa riconoscendo come valore decisivo il denaro. Fortunatamente non tutto il genere umano è disposto a seguirla passivamente, una parte di esso intende reagire. Per riconoscerla però, bisogna cercarla tra la gente comune, quella che usa il metro della solidarietà.
In questi giorni oltre a commemorare il 150° dell’Unità d’Italia ricordiamo anche la data della vittoria sulla dittatura fascista. E’ un momento nel quale quei sentimenti acquistano un sapore particolare. La vita si tinge dei loro colori. Un fenomeno che coinvolge anche le nuove generazioni pur se non hanno vissuto quell’amara esperienza. L’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia) raccoglie oggi la grande eredità della difesa della democrazia.
Grazie alla modifica dell’art. 23 dello Statuto, effettuata nel XIV Congresso del 2006, è consentito a coloro che per ragioni generazionali non hanno partecipato alla Resistenza di entrare a far parte degli organismi dirigenti dell’associazione.
In questo modo si avvia “La nuova stagione dell’Anpi” che unisce la memoria della Resistenza alla battaglia politica odierna per la difesa e l’affermazione dei valori nati dalla Lotta di Liberazione e sanciti dalla Costituzione Repubblicana. Una necessità sentita da chi l’ha vista “nascere” ma anche dai giovani che, ora, temono di perderla.
La voglia di restaurazione di chi attualmente detiene il potere arriva a rendere un’eufemismo l’eguaglianza di tutti di fronte alla legge. E’ una grande consolazione, sapere che una delle associazioni sorte durante la Resistenza, appunto l’Anpi, 66 anni dopo, stia vivendo una nuova stagione. I protagonisti della lotta di Liberazione sono rimasti pochi ma si può ancora contare su una vasta parte di giovani per difendere la Costituzione (certamente una delle migliori del mondo).
L’Anpi savonese è viva e vitale. Bruno Marengo, politico di lungo corso, già sindaco di Savona e Spotorno, ne è il presidente provinciale. Ed è interessante e dimostrativo un recente dato fornitomi dal segretario cittadino dell’Anpi relativo alla provincia di Savona.
Nel 2006 erano 30 le sezioni (23 in provincia), 7 nella città di Savona; nel 2011 (al 3 marzo) sono salite a 38 (29 in provincia), 9 nel capoluogo, per un totale di oltre 2100 iscritti. Un dato che non lascia dubbi sulla sensibilità e la partecipazione dei giovani verso un problema come quello che riguarda la difesa della democrazia nel nostro paese. Un segnale e una conferma.
La bandiera della Resistenza e della Costituzione sventola sempre alta.
  
Claudio Tagliavini
  Da AuserSavonaNotizie 

 

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