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Casello Albamare: ostracismo trasversale ai precisi quesiti di “A Campanassa”

Savona, come trasformare

lo sviluppo in potenziale sciagura

Ingolfando con 18 mila auto al giorno piazza Leon Pancaldo. Ma l’orchestra del consenso fa il bis delle operazioni edilizie nell’area portuale costiera e Crescent

                      di Luciano Corrado


Savona – Non ci vuole molta fantasia. Gli avi ci hanno lasciato a testimonianza un nucleo medioevale prettamente ligure, caratterizzato dai “carugi” e dagli antichi palazzi signorili. Noi lasceremo una città in gran parte da valorizzare e soprattutto una “moderna edilizia” che di affascinante e “foto cartolina” sarà difficile farsene vanto negli annali di storia.

Cronaca degli ultimi decenni con  protagonisti, suggeritori, ubbidienti; sono quasi sempre gli stessi. E’ l’armata (non brancaleone) che vuole “Savona più bella, più viva, riportando lavoro e sviluppo”. Sono i padroni veri, non da oggi, del “modello Savona” che abbiamo e che avremo sotto i nostri occhi. Col quale convivere.

I “loro signori” non hanno dubbi. Hanno la loro forza morale, etica e politica, il consenso popolare per decretare che il “casello Albamare s’à da fare” (località già nota alla cronache passate). Nel superiore interesse della collettività.

Per le “menti illuminate” non esiste il problema di convogliare al nuovo casello un traffico stimato di 18 mila veicoli al giorno. Un inferno? No, sarà un paradiso terrestre, parola di chi “vuol bene a Savona” e dice di combattere dalla parte giusta.

Il traffico, ha scritto l’avvocato Beniamino Rettura,  sbucherà all’altezza delle funivie, a quattro passi dalla Torretta e dal centro di Savona.

Che c’è di male, di anormale, di scandaloso?

Il legale sottopone una constatazione, in attesa di risposta: <Nella maggior parte dei cosiddetti paesi civili, le autostrade scaricano il traffico veicolare il più lontano possibile dai centri abitati, Savona con casello Albamare avverrebbe l’esatto contrario>. Rettura combatte, a sua volta, dalla parte sbagliata?

Cerchiamo di capire. Chi è il personaggio, l’urbanista di fama o meno, che ritiene si debba e si possa fare esattamente l’opposto? Chi sono i sostenitori palesi ed occulti (a Savona è una specialità!)  del progetto?

Non è stato scritto in modo chiaro. Il progettista è l’ingegnere Paolo Forzano che, soltanto casualmente, è il marito di Valeria Cavallo, un esponente dei Democratici di sinistra che era stata eletta nel parlamentino regionale nella passata legislatura di Sandro Biasotti presidente e  Franco Orsi, vice presidente.

Tra i convinti fautori del “casello in centro città”, oltre che dell’Aurelia-bis, leggendo i giornali, c’è Carlo Ruggeri, ex sindaco e influente assessore regionale all’Urbanistica. Non ha avuto dubbi nemmeno il sindaco Federico Berruti il quale riesce a far convivere nella sua logica (leggi Il Secolo XIX del 31 dicembre 2008) la <rivoluzione della mobilità, con il sostegno deciso al trasporto pubblico, con  iniziative di promozione del mezzo pubblico,con rigorosi limiti alle auto in città, con il nuovo casello autostradale di Albamare, che si aggiunge all’Aurelia bis, con l’obiettivo finale di migliorare la qualità della vita dei savonesi>. Parola di primo cittadino.

l’ingegnere Paolo Forzano

Probabilmente Berruti si sarà consultato pure con qualche esperto-cattedratico italiano o europeo, di vasta esperienza e conoscenza del territorio.

A chi, come a tanti, è capitato di girare il mondo questa miscela di “sviluppo urbano e crescita sociale” è capitata di vederla solo in alcuni paesi che, per amor di Patria, risparmiamo ai lettori. Per non essere tacciati di razzismo.

Già, ma i cittadini savonesi come sono stati informati, cosa sanno a proposito di quello che l’avvocato Rettura definisce sul periodico “A Campanassa” (vedi….) l’ ”Affare casello”?

Un copione già visto in occasione di una pubblica  assemblea, quando prese la parola l’avvocato, ex senatore, Giovanni (Nanni) Russo, alla presentazione del libro di Bruno Lugaro, “Il fallimento perfetto” (aree ex Italsider ed operazione immobiliare Crescent).

Un bis esemplare, eloquente, che si ripete. Neppure a distanza di anni.

Sostiene, sempre in attesa di risposta, Beniamino Rettura: <Abbiamo visto come il nuovo casello abbia sin qui trovato un riscontro eccezionale, continuo e tambureggiante negli organi di stampa e nei media, anche televisivi, che testimoniano cosi della straordinaria importanza della cosa, quale è rappresentata dagli ingentissimi costi dell’opera…almeno 150 milioni di euro…e un piano del genere può aiutare a comprendere come interessi economici…>.

Rettura si è messo d’accordo con Russo? Ripete lo stesso spartito del collega, ex rappresentante del popolo della sinistra e del centro moderato savonese. Una famiglia di cristalline e decantate (alla morte di Carlo Russo) origini democristiane.

E qual sarebbe la vergogna se una squadra di valorosi cittadini ha deciso di “cambiare il volto di Savona, dare quello sviluppo, ormai a senso unico, che vede spesso uniti maggioranze di centro destra e di centro sinistra”?

Perché stupirsi se si mette finalmente a tacere chi avrebbe impedito negli anni <uno sano sviluppo della città, capace di creare un volano di posti di lavoro per i giovani, laureati e diplomati soprattutto> ?

Sono costoro i veri colpevoli della decadenza di Savona! Non chi occupa posti di potere dagli anni settanta, dagli anni ottanta. Nei partiti di governo, nell’industria, nella finanza (banche e fondazioni), negli enti che gestiscono soldi, affari e alleanze di ferro. La responsabilità dei fallimenti, insomma, non sono dei capofamiglia, ma figli, nipoti e nipotini.

L’avvocato Rettura rischia di infilarsi in un tunnel senza uscita?  Scrive su “A Campanassa”: <Ora, parliamoci chiaro. Pensiamo davvero che, entro siffatti ordini  di grandezza (progetti, opere ndr), vi sia spazio e tempo per la considerazione delle esigenze della difesa del territorio da brutture, cementificazioni selvagge (lo taccerebbe un “eco terrorista” il futuro presidente della Provincia, Angelo Vaccarezza), inquinamento acustico e dell’aria, pericolosità ed inadeguatezza di progetti che, in altri paesi, nessuno si permetterebbe di sottoporre all’approvazione di chicchessia; ecco allora che, in difesa dell’incredibile progetto,  riaffiorano assiomi del tutto indimostrati ed indimostrabili in quanto, tra l’altro, contrari al vero…>.

E’ spazzatura direbbe altri, non c’è più un “Teardo & soci” che “pagano il conto” anche per gli “ignoti”.

Non si ostini l’avvocato Rettura, e fa bene a non azzardare oltre.  Oggi è un impestato chi si azzarda a sostenere che Savona esiste un “problema di morale pubblica” (e di corruzione?), di interessi trasversali. L’ha scritto, coperto subito dall’oblio, deriso, il suo collega avvocato Alessandro Garassini, per due volte presidente della Provincia.

Garassini si è spinto oltre, ha parlato di “cancro”. Con un’”Opinione” sferzante, sul Secolo XIX, in pagina nazionale, riservata anche agli “editoriali” del direttore. Ovviamente si riferiva al contesto provinciale e più generale.

Il lettore dei giornali, chi segue le televisioni, con cronaca locale, è ossessivamente informato di notizie di cronaca politica ed economica che devono essere “belle, buone, improntate all’ottimismo”.  

Veritiere? I titoloni, bipartisan, informano i cittadini savonesi che: <Savona è bella perché viva, non avendo consumato un solo metro quadrato di terreno vergine, ma soltanto recuperi edilizi>. Parola di Carlo Ruggeri.

E perché non bisogna imitare i Nanni Russo  che puntano l’indice contro la sciagurata scelta di “cementificare la zona a mare”, con palazzoni, insediamenti residenziali destinati a restare vuoti e in totale assenza di infrastrutture stradali?

E’ semplice, ha sintetizzato dalle colonne del Secolo XIX il “sommo pontefice del momento” Ruggeri: <C’è una minoranza che non discute serenamente. Anziché il confronto costruttivo, propositivo e leale, si distingue per giudizi trancianti, pratica l’insinuazione gratuita, sono perdenti e senza futuro>.

Nozioni che chi si è trovato a seguire le cronache di altri momenti, diciamo bui (?) di Savona, si sentiva ripetere all’infinito. Consigli per gli acquisti?

La “macchina del consenso” non è un’invenzione delle dittature, delle democrazie di facciata alla Putin. In Italia non è solo un’esclusiva di Berlusconi. Chi ha assistito al recente dibattito ad “Anno Zero” di Michele Santoro, tra illustri direttori di giornali, tra “giornalisti bravi” e “giornalisti cattivi”, avrà appreso dai testimoni diretti lo stato di salute generale dell’informazione in Italia.

A Savona, i Russo, i Rettura sostengono pubblicamente che esiste un’informazione al servizio di ben precisi interessi? Che privilegia interessi di parte anziché della comunità? Fanno l’esempio delle operazioni immobiliari nella zona fronte mare e ora del casello Albamare? Sono condannati ad essere dei perdenti. Non è questo il momento per sperare nella “rivoluzione, nel risveglio delle coscienze”.

Ancora meno nella rivoluzione dell’editoria, attraverso i canali cui si alimenta. Certo ci sono eccezioni. Succede anche che  una storica e benemerita associazione, pur con gli umani limiti, come “A Campanassa”, abbia la forza di ribellarsi, di scrivere, di trovare il sostegno di firme “pesanti”, documentate. In altre circostanze, seppure meno penetranti, l’ha fatto Il Letimbro della Diocesi di Savona-Noli.

Nonostante alcune “denunce”, prese di posizione, non fanno paura, non disturbano più di tanto. Tra le 2000 e 2500 copie di diffusione, il mondo politico ed economico, il potere,  possono “stare tranquilli”. Non ci sono pericoli all’orizzonte.

L’ex presidente della Provincia. Marco Bertolotto, l’aveva capito per tempo e tra i primi impegni della sua giunta di centro sinistra il varo (contestatissimo dal centro destra)  di “SVmagazine”. Inviato a tutti i capifamiglia della provincia. 80 mila euro annui, sosteneva la minoranza, solo per “spese postali”. E che dire dei giornalini comunali (destinati a tutti i capifamiglia), a diffusione capillare, in cui più che informazione si fa autocelebrazione di questa o quella giunta? Il sindaco soprattutto.  E vicendevolmente il teatrino si accusa di “sprechi vergognosi” di denaro pubblico.

Una riflessione, tuttavia, è opportuna. Con quale coraggio civile si può lasciare senza risposta, come pare stia accadendo, le sintetiche domande che “A Campanassa” ha indirizzato prima di tutto al sindaco Berruti, ai suoi assessori, ai savonesi presenti in Regione e al Parlamento. Chiedono solo trasparenza. Leggere il riquadro (vedi.) è utile a farsi un’idea di cosa rappresenti per Savona il “progetto del casello”. Una risposta doverosa anche ai componenti del Comitato “anticasello Albamare”, presieduto dallo stesso Rettura.

Hanno il dovere di rispondere, chiarire. A meno che non scelgano la strada (si fa soltanto per dire) che venne riservata, ironia della sorte, a Carlo Cerva nel lontano febbraio 1993. Chi è interessato  legga l’articolo de Il Secolo XIX (vedi…) dal titolo: <Lite per un centro di formazione. Ecco perché sono volati insulti e schiaffi tra Magliotto e Cerva>. Senza il consenso di Cerva, ora presidente dell’associazione “A Campanassa”, chiariamo a posteriori che il “ceffone” di Magliotto fu solo tentato.

Luciano Corrado