Alda Dallaglio Rebagliati, due anni fa non vuotò tutto il sacco neppure in tivù

La leghista del “silenzio”

ricca di segreti  savonesi

Segretaria della sezione di Savona nessuno parla del suo passato, dei suoi esposti

Per 3 anni presidente provinciale della “Piccola industria”. Il marito…il fratello..

    di Luciano Corrado


Savona – C’è un personaggio nel piccolo pianeta della politica savonese che non fa mai notizia. E’ Alda Dallaglio Rebagliati, segretario cittadino della Lega Nord, uno dei partiti tornati col vento in poppa a livello nazionale e locale. Nella stanza dei bottoni e del vero potere, con un ministro dell’Interno (tra i dicasteri chiave della Repubblica, dello Stato) per anni habitué in quel di Varazze. Alla sezione di Savona fanno capo le cittadine del comprensorio, da Vezzi Portio a Celle Ligure. Alle prossime provinciali, Alda Dallaglio è candidata nel collegio Savona Villetta- Albissola Mare.

La Lega Nord in dieci collegi è orfana di una segreteria politica. A Savona città le “truppe” leghiste si sono arricchite di un nome che “conta”, il dottor Renato Giusto, ma anche del dottor Giorgio Calabria.

Figure della prima ora della “Padania”, restano Erasmo Belledonne (segretario amministrativo) e Cristoforo Astengo.

Risalire la china non sarà facile. Alle elezioni comunali la Lega Nord si era dovuta accontentare di 188 voti e la più votata era risultata proprio la Dallaglio con 49 preferenze, seguita da Giancarlo Bertolazzi con 36.

Scorrendo giornali e blog (compresi quelli on line con cadenza quotidiana) la signora Alda risulta una “emerita sconosciuta”. Non è proprio così. Nel suo “ricco” passato ci sono tre anni da presidente della “piccola industria” della Provincia di Savona. Nel passato e nel presente un’attività imprenditoriale che riusciva a dare lavoro fino a 35 dipendenti nel settore degli impianti elettrici.

Alda Dallaglio Rebagliati, pochi lo sanno, è un formidabile “archivio storico” di alcuni periodi assai tormentati – anche sul fronte giudiziario – di vita savonese. Ha conosciuto, dal suo interno, il mondo degli appalti, dei subappalti, delle cooperative rosse e bianche, con Savona leader in questo spaccato sociale. Con tante vicende mai raccontate, coperte dall’oblio.

Sicuramente una donna custode di molte “segrete cose”. Non da oggi, i sussurri le attribuiscono un dossier nascosto in località sicura, fuori Liguria. Fantasie?

Vero o verosimile, sta di fatto che due anni fa – senza risonanza dei media locali – Alda Dallaglio era stata ospite di Canale Italia (emittente veneta che trasmette da Padova) e nell’arco di tempo riservatole, 15 minuti di una puntata mattutina, ha raccontato, ha testimoniato.




Calabria e Giusto

Come si era presentata? <Ho chiesto di intervenire a questa trasmissione per parlare della mia esperienza di imprenditrice in quel di Savona dove non esiste la possibilità per un’impresa seria di sopravvivere…>.

Ha descritto, seppure a sommi capi, alcune traversie e una grande ingiustizia di cui sarebbe rimasto vittima il marito, all’epoca contitolare di un’avviata azienda di famiglia. Impegnata pure in appalti in campo nazionale. Ha descritto di essere finita quasi sul lastrico per non aver potuto vendere parte del capannone costruito nella zona Paip, a Legino. Il diniego, categorico, arrivava dal Comune di Savona. Il motivo, stando alla descrizione fatta in tivù: mancanza di agibilità della struttura, in assenza di un impianto primario di depurazione.

<Noi, pressati dalle banche – ha scandito Alda Dallaglio a Canale Italia -, sull’orlo del baratro, non potevamo vendere; altri capannoni, di altri proprietari, lungo la stessa via Molinero, hanno beneficiato di diverso trattamento. Venduti ed affittati nonostante l’assenza di agibilità. Nel corso degli anni abbiamo presentato due esposti all’autorità giudiziaria. Uno è stato archiviato, il secondo è in corso di giudizio. Sono qui per descrivere le nostre sofferenze, quelle di mio marito che voleva difendere l’azienda, l’attività. Tutto bloccato, quasi in malora. E’ andata avanti cosi per tre anni e mezzo. Lo sblocco, cioè l’autorizzazione ad alienare parte del capannone, è arrivato soltanto quando in Comune a Savona venne chiamato il commissario prefettizio. E, comunque, con il via libera in ritardo, abbiamo  faticato a trovare l’ acquirente. Tutta la pratica, a palazzo Sisto, fu seguita e gestita dal settore dell’urbanistica, tra il 1990 ed il 1994>.

Certo è impressionante, seppure a distanza di tempo, ascoltare che <a Savona un’impresa pulita non riesce a stare sul mercato>.

Fa impressione ascoltare che non teme di essere la segretaria della Lega Nord per tre “buone ragioni”. < Primo, non sono ricattabile. Secondo, da 40 anni sono addentro al mondo del lavoro e delle imprese, sia con i privati, sia con il pubblico, acquisendo un bagaglio di esperienza. Terzo, prima di prendere una decisione ho imparato a contare fino a 99, facendo tesoro degli errori>.

Alda Dallaglio ha tuttora aperto un fronte con la magistratura inquirente. Un primo esposto, a suo nome, fece un percorso di 5 anni prima di essere archiviato. Un secondo esposto, firmato dal marito, a distanza di un anno, non sarebbe risultato rubricato. Ripresentato, fu chiesta l’archiviazione. E’ seguita, con l’assistenza di un legale di Varazze, l’opposizione. Ora dovrà decidere un giudice “al di sopra delle parti”.

E’ probabile che siano tutte ipotesi di reato da calderone e da prescrizione? Negli esposti, a quanto pare, non si fanno nomi e cognomi, ma si indicano date ed autorizzazioni comunali. In pratica: ciò che all’imprenditore Rebagliati venne a lungo negato, ad altri fu concesso negli stessi periodi. Qualcuno beneficiò del silenzio-assenso?

Non era una guerra tra colleghi imprenditori, ma nessuno aveva l’agibilità, non per propria negligenza, a causa dei Depuratore consortile. Il ritardo nella messa in funzione, negli allacci.


Renato Dallaglio

C’è voluto il commissario, dottor Simula che informato di quanto stava avvenendo ha consigliato ai Rebagliati di ripresentare la domanda di alienazione. Finalmente accolta.

Cosa accadde in quegli anni a palazzo Sisto? C’era qualche funzionario-dirigente legato al mondo delle Cooperative, della sinistra al potere? A chi dava fastidio l’impresa Rebagliati che, tra l’altro, si era aggiudicata l’appalto dell’impianto elettrico nel nuovo di Palazzo di Giustizia?

Un particolare di cronaca, forse di poco conto, forse di peso: Alda Dallaglio era sorella di Renato Dallaglio, esponente del Psi nell’epoca e durante il ciclone teardiano. Da alcuni ritenuto un “traditore”, da altri un “doppiogiochista”, da altri persona “pulita”, perbene che, anche per la sua attività (campo vetraio), era a conoscenza di segrete cose, dal mondo degli appalti, alle cooperative, alle trasversalità massoniche, alle stanze del potere locale. Vicende di letto, storie di affari e di “spioni” infiltrati.

La sorella Alda ha messo insieme le due realtà?  Le due esperienze di famiglia. Ora è dirigente e militante attiva di quella Lega Nord che si presenta come il “partito delle rotture” col passato, antiparassitario, tra i fans più agguerriti all’epoca di “Mani Pulite” di Di Pietro.

Sembra di capire che la segretaria leghista è in attesa della “pulizia” in quel mondo che la magistratura savonese aveva “risparmiato”, per ragioni sconosciute. Le voci, i sospetti, non formano la prova. A volte neppure indizi sufficienti.

Alda Dallaglio  ha narrato l’“esperienza” savonese ad imprenditori, avvocati. Ma ha scelto di non “aprirsi” ai media locali. Non si fida?

Abbiamo chiesto un incontro, un’intervista (se il caso alla presenza di un avvocato di sua fiducia). Ha risposto: “no, grazie”. <Se volete, c’è a disposizione il dischetto registrato dell’intervento  a Canale Italia>.

Abbiamo chiesto copia degli esposti e, con le necessarie cautele, copia dell’asserito “memoriale”, se esiste e se è stato davvero messo al “sicuro”. L’obiettivo, aprire una finestra su quel periodo (anni novanta) rimasto avvolto dalle nebbie e dove ha perso la sua “battaglia” di giustizia un savonese Doc, Renato Acquarone, quando era Procuratore capo della Repubblica.

Magistrato integerrimo per unanime ammissione, finì stritolato al termine di una “lotta a palazzo, tra pochi colleghi”. Acquarone, si spinse, senza successo, a citare per danni anche due giornalisti. Denunciare penalmente un suo sottoposto. E non solo. Acquarone, proprio l’ex giudice istruttore del tribunale di Savona che per mesi fu esibito in prima pagina sui giornali e in televisione, per uno scandalo che fece tremare (ed indignare) l’Italia del potere democristiano. Passò alla storia come il processo per le tangenti ai “prefabbricati” del Friuli.

Acquarone mandò a giudizio gli imputati (sottosegretari di Stato, prefetti, alti funzionari, imprenditori, sindaci) e la condanna resistette fino all’ultimo giudizio della Cassazione. Con pene espiate.

Quando Renato Acquarone mise mano (post- Teardo) agli “affari rossi”, accumulò sconfitte a catena. Dal Depuratore, al Palazzo di Giustizia, al business della “Gestione Calore”, al ruolo negli appalti delle “cooperative rosse”, ai miliardi finiti sui conti correnti di alcuni dirigenti provinciali del Pci. Tutti abbagli? Colpevole di “creduloneria”? Questa è storia.

Alda Dallaglio Rebagliati, segretaria della Lega Nord, teme di restare “bruciata”. Perfino dai giornalisti.

 

Luciano Corrado