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Una casa per tutti? Non è utopia, ma si smetta di ignorare lo “scandalo Italia”

Prefabbricati per giovani coppie

copiando l’esempio di Volpiano

Non si tratta di costruire ghetti. Semmai utilizzare le “varianti” urbanistiche in modo sociale.

 Cosa ha insegnato la crisi del 1929 negli Stati Uniti? E a Savona, oggi?

di Guido Luccini


Guido Luccini

I nomadi, gli extracomunitari, “possono” costruire in Italia le loro “baraccopoli” su terreni pseudo abbandonati.

La demolizione di tali insediamenti avviene solo quando, a seguito di cattive azioni perseguibili per legge, il popolo italico esasperato obbliga i Carabinieri ad intervenire.

  Per gli Italiani è diverso, se posiamo un Container su terreno di nostra proprietà interviene immediatamente o la Forestale , o la Polizia Provinciale, o i  Vigili  Urbani che attivando l'apposito Procedimento Penale ti conducono davanti alla Magistratura.

Poco importa  se dimostri che il container ti serve per lavorare ed è amovibile, non lo si può collocare!.

Immaginiamoci se pretendessimo di posare un prefabbricato residenziale, ci aspetta per Legge la galera!

Questa sostanziale differenza di trattamento mi induce a soffermarmi sull' accoglienza.

 Siamo tutti per l'accoglienza dovuta ai bisognosi, e sono certo che noi Cristiani e tutta la Sinistra Italiana è disposta ad accettare a casa sua almeno una di queste persone, vista e presa per buona la l'assoluta  disponibilità di queste frange di Italiani ; quindi almeno 5 o 6 milioni di extracomunitari potranno così trovare ospitalità in attesa di trovare un posto di lavoro.

Diverso sarebbe se dovessimo ospitarne a casa nostra una decina,  ma sono certo che la la Chiesa e tutta la Sinistra troverebbero, anche in questo caso, una soluzione.

 Un'altra soluzione dovrebbero pure indicarla ai nostri emigranti italiani, che non potendo competere con gli extracomunitari nostrani in quanto questi si accontentano, per lo meno agli inizi del percorso lavorativo, di uno stipendio talmente magro che, i nostri giovani sono costretti a rifiutare, e cercano così, in altri Paesi il loro modo di essere.

Consigliamogli come muoversi all'Estero, ove appoggiarsi, a chi richiedere aiuti concreti come avviene da noi, forniamo loro gli indirizzi delle  persone benevole di quei Paesi che saranno certamente anche più organizzati di noi.

 Infatti il rifiuto dei nostri giovani a certi lavori non è mai stato motivato dal tipo di lavoro, ma dal quanto viene pagato, vedi la raccolta di pomodori, e, da quando la conoscenza linguistica e la padronanza del mercato ha consentito un più massiccio inserimento extracomunitario nel mercato di lavori più  qualificati, molti dei nostri cuochi, camerieri, idraulici, muratori, artigiani, e commercianti, hanno dovuto rapportarsi con l'estero.

Infatti con operatori che lavorano a bassi costi, che sono coadiuvati da connazionali spesso in nero, con poche possibilità di rivalse fiscali e che non  reinvestono i loro guadagni in Italia , non si può competere.

Dopo questa necessaria premessa – sfogo, veniamo alla soluzione del problema “CASA” per quelli di noi che “restano”.      

A Volpiano (TO) negli anni 70 furono  costruite le prime, ed uniche in ITALIA, case mobili dalla ditta ITALCAR su concessione Americana, ne montammo alcune tentando di convincere le amministrazioni Comunali  sul  risparmio che avrebbero avuto i lavoratori non dovendo eseguire costose progettazioni, asservimenti di aree, sbancamenti , muri di sostegno ecc. ma , non ci fù niente da fare, l'iter rimaneva quello di una costruzione normale,

Nel 1929 la crisi Americana fu affrontata per quanto riguarda “la casa” con questo tipo di prefabbricato “precario” su ruote.

Furono urbanizzati  con acqua luce e fognatura terreni pianeggianti a ridosso dei centri abitati, rendendo possibile agli aventi diritto per dimostrata indigenza, l'acquisto di 400 (quattrocento) metri quadrati di terreno per posarvi sopra una casa sulle ruote.

Questo tipo di “precario”  consentiva peraltro, ai redattori dei  futuri piani attuativi, di rientrare in possesso di tali aree nel momento della loro fisiologica necessità, predisponendo altre aree urbanizzate più esterne al centro, su cui la Comunità, pagandone questa volta le spese in toto, permetteva ancora la ricostruzione dello stesso  “precariato” mobile.

In questo modo la gioventù di allora potè sposarsi, avere figli, e coltivare l'orticello che permetteva  loro di arrotondare  il magro stipendio di crisi.

 La comunità non spese nulla poiché l'urbanizzazione venne pagata dagli acquirenti dell'area e la casa sulle ruote venne mutuata al prezzo di un convenzionale affitto.

 Il prezzo odierno di una casa mobile si aggirerebbe intorno ai 1000 €/mq. su 400 mq. di terreno urbanizzato a 30 €/mq. x 400 mq. = € 12 000,00  il che vuol dire che due sposi  a Savona per un alloggio di 80 mq. e un giardino di 320 mq. spenderebbero € 92 000,00.

Noi siamo in crisi,  non so dirvi in che proporzione rispetto a quei tempi, ma tutti siamo a conoscenza del fatto che a Savona una coppia di giovani sposi senza casa, con un solo stipendio non può arrivare a fine mese, e, per avere un' orto  con frutta , insalata , uova e conigli  dovrebbe acquistare un orto di diecimila metri quadrati  in zona agricola (la zona agricola su cui è possibile edificare consiste nel 10 % del territorio a monte della città) per  costruirvi una casa di 70 (settanta) metri quadrati, e posso garantire,  in qualità di Tecnico, che  con tale proporzione mq. casa/terreno siamo i primi al Mondo in senso negativo!

Ci si domanda : come si può con queste Leggi Urbanistiche pretendere di gestire il territorio ed il futuro dei nostri giovani?

 Occorre quindi una semplice VARIANTE URBANISTICA (certamente meno complicata di quella eseguita per il “Waterfront” attualmente in costruzione nel nostro porto Turistico)  oggi infatti, come già precedentemente spiegato, è impossibile allacciare  impianti primari (ACQUA,LUCE,STRADE,e FOGNATURE) ad edifici precari (non autorizzati urbanisticamente)  per cui le autorità che volessero affrontare il problema,  per un'evidente impotenza legislativa, non potrebbero assolutamente autorizzare  quanto proposto, ma alla luce di quanto da anni accade in Italia e che ci ha condotto a questa disastrosa situazione gli Urbanisti “DEVONO” riprendere in mano la situazione , e convincere i Politici che la gestione del TERRITORIO  deve essere affidata all'uomo  produttivo, e i costi della Gestione non possono essere ampliati a dismisura , pena la perdita dell'uomo produttivo.

 Per concludere “il precariato abitativo” non può avere alternativa per una Nazione che dovrà affrontare una crisi che si preannuncia grave e prolungata, la gestione   dei rifiuti  e dei liquami fognari  non verrebbe così mai  disattesa, predisponendo quindi  un riconoscimento certo delle “strutture” da cui vengono prodotti  in modo che le autorità preposte al loro controllo possano agire di conseguenza.           

Anche in merito ai “NOMADI” purtroppo ci si limita ad azioni o troppo radicali, con sgomberi quasi sempre necessariamente coercitivi, o a proposte troppo costose per la nostra Comunità come le Case popolari di Cacciari, che già non riusciamo a dare da decenni, ai nostri concittadini Italiani, e immaginatevi che cosa succederebbe se agissimo in tal senso  dimenticandoci così del  nostro abissale  indebitamento!                                                         

Penso  che  i Comuni  dovrebbero  anche qui individuare un'area compatibile,  attrezzandola   urbanisticamente in modo da rendere umanamente possibile la vita di queste persone, obbligandole così  ad allacciare gli impianti delle  loro “roulotte” alle condutture Comunali, facendo quindi  pagare al Comune  le forniture come da sempre facciamo noi cittadini Italiani residenti.

Guido Luccini

lucciniguido@libero.it